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martedì 28 febbraio 2012

Casa dolce casa...?

Due giorni fa ho smantellato la casa parmigiana per trascorrere due belle settimane nella mia casetta.


Carico macchina composto da:

-violoncello
-bicicletta
-un valigione
-più e più paia di scarpe
-zaino computer
-abiti da concerto
-una borsa piena...di borse!

Ora, avendo appena acquistato un Doblò il viaggio non ha creato problemi.
Il bello è stato l'arrivo a casa in quanto:

1) non c'è mai parcheggio (una volta ho girato per un'ora e mezza piangendo sul volante alle 3 di notte)
2) abbiamo la bellezza di 173 scalini per arrivare a casa (rampa+4 piani), naturalmente senza ascensore

In pratica provate a pensare all'appartamento più scomodo in cui siate mai stati, quello che quando siete arrivati in cima vi ha fatto vedere (e in qualche caso anche invocare) tutti i Santi del calendario. L'avete fatto? Ecco, ora considerate che il palazzo si trova pure in una strada in salita,  moltiplicate la sofferenza per due, e aggiungeteci pure 10 kili di violoncello in spalla, una valigia con la roba di due mesi e una bicicletta. Ah, dimenticavo, aggiungeteci pure che avete appena suonato a Reggio Emilia e sono le undici e mezza passate...Ecco, questa è casa mia.

Bene. Quando si dice "casa dolce casa"...

In fondo, però, ci si sposa apposta per dividere gioie e dolori con la dolce metà. Il marito quindi mi scarica con parte del bagaglio, per poi andare a cercare parcheggio...
Arrivata davanti alla porta, ansimante e con la mente già impostata sulla modalità "doccia-pigiamino-tisana-nanna", mi accorgo di non avere le chiavi. Attendo Simone per quasi mezz'ora seduta sui gradini.

Quand'ecco che sento il rumore del portone, seguito da rantoli tipo enfisema. Dev'essere lui!

Mi precipito giù ad aiutarlo e lo trovo accasciato contro il muro con la valigia e la bicicletta, che si è trascinato su per la salita in una modalità che ancora oggi mi è oscura.

Altri 4 piani di scale e siamo in casa. Siamo in casa!
L'euforia dura, però, il tempo necessario a rendermi conto di aver dimenticato una cosa in macchina...doh.

Ora, gli amici quando ci vengono a trovare per la prima volta (raramente tornano una seconda) la prima cosa che chiedono è "Come farai quando avrai un bambino?". Un bambino??? Abituata a tonnellate di roba, violoncello in spalla ed altre amenità, un eventuale bambino sarebbe il meno.

Tutto sommato un bambino è meglio di un violoncello, in quanto:

-il bambino prima o poi imparerà a camminare (c'ho provato anche col violoncello ma con scarsi risultati)
-il bambino si può lasciare in macchina, il violoncello te lo rubano
-il bambino non devi portarlo al lavoro
-il bambino, una volta cresciuto, può dare una mano

Naturalmente tutto questo vale se il bambino in questione non decide di suonare il violoncello...

...comunque mi è andata persino bene, pensate se suonassi l'arpa...

giovedì 23 febbraio 2012

Benedetta musica...

Come ogni anno in questo periodo sul portone di casa compare un minaccioso cartello in cui si annuncia l'imminente benedizione delle case...
Per noi è avvenuta due giorni fa...
Come ogni anno mi sono affannata a cercare di sistemare la casa, soprattutto per il fatto che, lo confesso, da un anno e mezzo viviamo nel nostro quartiere e ancora non abbiamo messo piede nella nostra parrocchia...
Lo so, è inaccettabile per una coppia che si è sposata con rito religioso.

Comunque, il sacerdote non arriva ed io penso "siamo salvi". Invece il campanello suona a tradimento alle 8 di sera, marito appena arrivato a casa, stendino per il bucato in giro ed altre svariate cose in disordine.
Vabbè. Il parroco entra, si presenta e recita a velocità supersonica tutta la benedizione, più il Padre Nostro, che noi riportiamo a galla dagli abissi della memoria in cui era sepolto...

Dopodichè con un minaccioso sorriso chiede "Posso sedermi?". Come no.

Sa chi siamo, cosa facciamo, quando ci siamo sposati e che non abbiamo mai messo piede in parrocchia. Praticamente l' FBI. Non abbiamo scampo.
Quando oramai pensiamo di essere stati bollati come infedeli, ecco la domanda in cui speravo: "Avete un passato di vita in parrocchia?". Non vedevo l'ora. Come quando a scuola all'interrogazione ti chiedevano esattamente l'unica cosa che avevi studiato. Davanti agli occhi attoniti di mio marito, mi vanto de miei anni in ACR, generazioni di bambini e ragazzi cresciuti sono le mie grinfie, prima che la vita ed il cinismo mi travolgessero e mi allontanassero dalla fede praticata.
Comunque la mia narrazione deve aver fatto effetto, in quanto sul viso del sacerdote compare un sorriso illuminato. Alla stessa domanda mio marito non risponde, ma si esibisce in un vasto repertorio di "ehm...io...ss..no...".

1-0 per me

Seconda domanda: "Che lavoro fate?". Qui mio marito appare più sicuro di sè, è lui che fa un lavoro "serio", che ha un contratto a tempo indeterminato e che  fornisce solide basi al nostro nucleo famigliare. Eppure il parroco sembra poco interessato. Quando arriva il mio turno, dichiaro con malcelata timidezza, e col timore di non essere capita, che io per guadagnarmi la pagnotta suono il violoncello in giro per orchestre più o meno stabili. Ed ecco che nuovamente il prelato si illumina: "Anch'io ho studiato violino al Conservatorio!" e mi racconta di tutto il suo percorso musicale e di quanto sia difficile per un musicista ascoltare i fedeli che cantano stonati durante la messa e bla bla...
Respiro di sollievo. Mio marito alza gli occhi al cielo.

2-0 per me

Nonostate non sia proprio una fedele praticante, ho passato l'esame per il rotto della cuffia.

Sfortunatamente il matrimonio è come un doppio a tennis, si gioca in coppia.

Penitenza: veniamo caldamente invitati a partecipare al gruppo coppie in parrocchia, una volta al mese.
Accettiamo. In fondo, dato il mio lavoro, ci sono buone possibilità che io, proprio quella volta al mese, non possa.

martedì 21 febbraio 2012

Aperitivi e ricordi

Ieri, dopo la mia lunga assenza da Genova, mi sono rivista con le amiche per un aperitivo nel bar davanti al Conservatorio...
Si parla, si commentano le ultime news...per un 'oretta ci si dimentica di lavoro, famiglia, figli (per chi ce l'ha) e marito e si torna ad essere semplici ragazze che prendono un aperitivo...il che fa molto Sex & the City, anche se la città in questione non è proprio New York...

Quand'ecco che il gestore del bar parlando con noi del più e del meno pronuncia una frase che mi lascia senza fiato: "Tu più o meno saranno 20 anni che vieni in questo bar, no?".

Al che io ribatto senza pensarci troppo su "Ma no dai, non esageriamo, ma che 20 anni, saranno a dir tanto..."

...la mia mente cerca di andare a ritroso, pensa, calcola, si aggrappa a brandelli di date e ricordi vari...

Dunque, vediamo, sono entrata in Conservatorio nel 1993...ops, sono 19 anni!
19 anni da quando ho varcato il cancello della scuola dove ho imparato il mio mestiere, 19 anni di focaccia in pausa pranzo, fra la lezione di solfeggio e la prova d'orchestra...19 anni di amicizie  e confidenze... Ma come è potuto accadere, senza che io me ne accorgessi??

Un brivido mi corre lungo la schiena...all'improvviso ricordo che questo per me è il fatidico anno in cui si cambia la decina e l'idea non mi piace affatto.

Butto giù un altro sorso di spritz e cambio argomento.

lunedì 20 febbraio 2012

Carlo (in)Felice...

Questa è una di quelle notizie che ti lasciano, come dire...basita...
Si vocifera che Giovanni Allevi, sopravvalutatissimo pianista pseudo-commercial-jazz, scriverà un concerto per violino e orchestra e che questo (udite udite) diventerà pezzo d'obbligo al Premio Paganini!

Cosa non si fa per racimolare denaro...

Nel caso la cosa si tramutasse in realtà, non ci sarà consolazione che potrà "allevi-are" le critiche e le risate che il Teatro di Genova susciterà nel panorama musicale italiano...



http://www.ilgiornale.it/genova/mancano_soldi_premio_paganini_ma_non_celebrare_giovanni_allevi/18-02-2012/articolo-id=572886-page=0-comments=1

venerdì 17 febbraio 2012

On Facebook!

Come può essere che nel giro di pochi mesi io sia passata dall'odiare Facebook all'avere addirittura 2 pagine???

Non lo so, ma per i miei fedeli lettori posso solo dire che da oggi avrò una pagina correlata al blog!
Lì posterò ogni aggiornamento...

http://www.facebook.com/pages/Musicisti-disperati/300327293362608

Buona lettura!

giovedì 16 febbraio 2012

Tempo libero

Sono nella settimana di pausa da Parma...
Il che significa che, a dispetto di neve, freddo e batteria della macchina completamente andata, sono riuscita a tornare a casa (con un ringraziamento al vicino di casa parmigiano che ho simpaticamente tirato giù dal letto alle 7,30 di domenica mattina per collegare la mia batteria alla sua...)

Fino all'ultimo non sapevo se sarei partita in macchina o in treno, per cui ho dovuto optare per un bagaglio essenziale e lasciare a Parma la bicicletta (che, detto per inciso, mi è stata utile tanto quanto l'attrezzatura da corsa...)

Curioso che nonostante il bagaglio risicato non abbia potuto rinunciare alle mitiche scarpine nuove che ho già messo ripetute volte (e già rovinato sulle scale di casa...). Ah, ho anche portato con me il violoncello, non tanto perchè avessi intenzione di studiare (o meglio,l'intenzione l'avrei anche avuta, ma se è per questo è da anni che ho pure l'intenzione di mettermi a dieta, invece...), ma perchè ormai è un pezzo di me, lasciarlo a Parma sarebbe stato come lasciare lì un arto, no vabbè, diciamo un pezzo di arto (che so, il migliolo sinistro)...

Comunque il punto è: cosa fa una musicista a riposo?
Dopo aver tolto gli addobbi natalizi (era ora!), ripulito la casa da cima a fondo e fatto la spesa (lasciare la casa in mano ad un uomo, benchè ordinato, significa tornare e trovare la polvere a metà gamba e l'eco nel frigo), mi sono ritrovata sola con me stessa ed le mie riflessioni esistenziali, con le quali vi tedierò ben bene a breve.
Per cui mi sono concessa ripetute passeggiate nei vicoli di Genova, porto antico, mare e tanto sole (che nelle ultime settimane avevo quasi dimenticato), finchè oggi ho fatto quanto di più poetico una musicista possa fare: dipingere!

Detto così sembra che io una volta riposto il violoncello mi diletti nell'esprimere me stessa con colori e pennelli, e proietti sulla tela sensazioni e stati d'animo difficilmente descrivibili a parole.

Invece ho dipinto mensole. Sì, avete capito bene. Dovete sapere infatti che, a dispetto della mia totale mancanza di manualità, mi diletto in lavori di "fai da te", che nel mio caso diventa spesso "fallo tu", quando il lavoro inizia a non venire e mio marito si vede costretto a terminarlo al mio posto...

Comunque, ho messo su 2 cd di fila dei Pearl Jam, che non sentivo da parecchio tempo, e mi sono messa a spennellare di bianco ripiani e staffe, con mano sicura e decisa, che quasi sembravo la tipa di "Paint your life" su Real Time.
Avevo dimenticato quanto potesse essere rilassante e stordente l'odore della vernice fresca...e quanto potesse essere più diretto e conciso il linguaggio della musica rock rispetto all'opera. Insomma, il dolore ed il disagio esistenziale vengono fuori meglio in tre minuti di "Jeremy" che in 3 ore e mezza di Aida. Ma questa è un'altra storia.

Comunque, mensole quasi finite. Ora non resta che attendere l'asciugatura, operazione che a Paint your life avviene in 15 minuti, mentre a casa mia ci vogliono minimo 3 giorni...più altri 7 per togliere l'odore da casa.

Per il futuro sarà meglio che impari a fare l'uncinetto.

mercoledì 15 febbraio 2012

No comment...

Quasi ogni giorno mi imbatto in amici che mi fanno complimenti per il blog, persone (anche non musiciste) che spendono più o meno regolarmente qualche minuto del proprio tempo per leggere i miei pensieri, le mie esperienze e qualsiasi cosa io decida di condividere nel cyber-spazio...
Ebbene, tutto questo mi fa immensamente piacere e significa che il tempo passato al computer cercando di riordinare le idee e metterle in un italiano più o meno decente, cercando anche di strappare qualche sorriso, non è tempo perso...

Quindi nel ringraziare chiunque di voi abbia letto anche un solo post del mio blog, approfitto per fare un accorato appello:

se passate in questo spazio, please, lasciate un commento! E' l'unico modo che ho per sapere che siete passati di qui e capire come sta funzionando il blog!

Un blog, come un qualsiasi spazio virtuale, vive della condivisione di contenuti, scambi di idee e di esperienze, altrimenti rimane qualcosa di statico fine a se stesso.
Per questo è importante ogni singolo vostro commento!

Buona lettura!

venerdì 10 febbraio 2012

Shoes & the City

Lo ammetto, l’ho fatto. Non so cosa mi abbia spinto a cedere, era da un po’ di mesi che ci pensavo, fantasticavo su come sarebbe stato,  insieme ai concerti o anche nel tempo libero, in giro per le strade del centro, vestita elegante o in jeans ed oggi non ho saputo resistere. Sarà stata la lontananza da casa, un momento di solitudine, un tentativo di compensare qualche carenza affettiva delle ultime settimane…
Dopo mesi di goffi tentativi di superare la cosa, oggi l’ho rivisto, così affascinante ed irresistibile nella sua semplicità, ed è stato mio: il paio di scarpe al quale penso incessantemente da ottobre!
L’avevo puntato già in occasione della mia permanenza a Parma per il Festival Verdi…avevo deciso di essere forte e dimenticarlo… Ma di fronte ai saldi, con uno sconto super, come facevo a dire di no?
Premetto che ero uscita in cerca di un paio di pantaloni da concerto visti ieri sera ad una mia collega, la quale mi ha detto di averli presi in un noto negozio solo poco tempo fa. Non li ho trovati. Ora, vorrei aprire una parentesi circa il fatto che io da mesi e mesi cerco abiti da concerto, gonne lunghe e pantaloni eleganti per rinnovare un po’ il mio guardaroba “da lavoro” e non trovo nulla, mentre ogni volta che vedo qualcosa di bello indosso alle mie colleghe mi dicono di averlo preso nel negozio all’angolo (dove io sono già stata innumerevoli volte), di solito pochi giorni prima e di averlo pagato pochissimo. Io non ricordo esattamente quando è stata l’ultima volta che ho visto in giro un abito da concerto decente e in ogni caso li trovo sempre a prezzi astronomici!
Comunque, affranta dalla delusione mi sono diretta verso il negozio incriminato, solo per vedere se “loro” c’erano ancora. Ed ecco che dal vetro fanno capolino, ma nella versione marroncina. Il prezzo è meno che dimezzato rispetto alla prima volta che le ho viste… Entro, pensando “Tanto nere sono finite” oppure “Tanto non avranno il numero”, invece l’unico paio nero rimasto è proprio il mio numero, quindi era proprio un segno del destino!
Appena uscita dal negozio col sacchetto contenente l’oggetto del mio desiderio, mentre già con la mente penso a dove sistemarle nel guardaroba (magari fra le open-toe viola e i sandali di strass) e abbino gonne, calze, top e giacche, manco dovessi metterle d’ora in avanti in tutte le stagioni (perché ovviamente al momento mi sembra che, magicamente, stiano bene con tutto) ecco che un pensiero mi assale: come confessare il misfatto al marito?
A questo proposito va detto che le lamentele di mio marito in merito alle scarpe sono, in parte, giustificabili. Dovete infatti sapere che la mia passione per le calzature rasenta l’ossessione, al punto che in casa ho una piccola, microscopica stanzina solo per scarpe e borse, inutilmente curata nei minimi particolari (pareti da me stessa dipinte di lilla, mensoline bianche, faretti puntati strategicamente ed, ovviamente, un grosso specchio). Il che per una disordinata cronica come me è piuttosto preoccupante. Se un giorno dovessi mai impazzire e compiere una strage sono certa che i giornalisti verrebbero ad immortalare il mio guardaroba con tutte le mie belle scarpette colorate messe ordinatamente in fila e lo prenderebbero come un chiaro segno di schizofrenia.

Detto ciò, ci sono diverse soluzioni per affrontare un’emergenza come questa:

1)    Confessare subito, preferibilmente tramite sms, buttandola sullo spiritoso, magari inserendo la confessione all’interno di un discorso più complesso
2)    Aspettare che sia lui a chiamarti e, a seconda del suo umore, piazzare la notizia con nonchalance, sperando che lui non senta
3)    Aspettare che sia giorno di campionato e confessare mentre lui sta guardando la partita
4)    Non confessare, confidando nel fatto che, non avendo alcuno spirito d’osservazione, c’è il 90% di possibilità che non se ne accorga!

lunedì 6 febbraio 2012

Scripta manent…

Avendo scelto una professione non proprio “sicura”, ho sempre creduto che per il musicista fosse sempre meglio avere un “Piano B”.

Ora, alcuni illustri colleghi hanno pensato che, essendo già il Piano A qualcosa di incerto  ed utopistico, il Piano B dovesse avere ben altra consistenza ed esplorare realtà più tangibili, perciò nella scelta universitaria (per chi si è laureato) si sono orientati su facoltà tipo Ingegneria, Medicina, Giurisprudenza…
Io no. Coerente fino in fondo ai miei sani principi autolesionisti, ho scelto Musicologia. Sì, avete capito bene: Musicologia.  Della serie: non sia mai che un giorno o l’altro mi tocchi davvero lavorare!
La maggior parte delle persone di fronte a questa notizia mi guardano con un’espressione che è un miscuglio di compassione e derisione, del tipo “Si vede che non hai proprio bisogno di lavorare”, manco fossi figlia di Donald Trump. Invece la mia è stata una scelta ispirata, quasi un azzardo, come se alla roulette avessi puntato tutto sul 9 rosso. Troppo facile percorrere due strade parallele e alla fine risultare mediocre in entrambe, meglio il rischio. O la va o la spacca.
A questo punto della mia carriera, non so se sia stata una scelta proprio azzeccata, ma non me ne pento, per un solo semplice motivo: che altro avrei potuto fare? Voglio dire, odio gli avvocati, alla vista di una goccia di sangue svengo e i numeri non sono proprio la mia passione (e smettiamola con questa storia che la musica e la matematica sono affini!). Penso che se avessi scelto una facoltà “seria” a quest’ora sarei ancora al primo esame…

Per cui eccomi qui.

Non è detto però che per una laurea come la mia non ci siano mestieri correlati. Infatti ho lavorato per due anni in una fonoteca (parola che genera la stessa espressione compassionevole sopra citata), ossia una specie di biblioteca in cui vengono custoditi materiali musicali. Quando lo spiego uso spesso termini forbiti e mi fingo custode di rarissimi documenti che solo esperti del settore saprebbero decifrare. In realtà ho recentemente conosciuto una ragazza che fa più o meno lo stesso lavoro e non sa leggere una nota. Ma ai miei interlocutori non è necessario che lo dica, no? Comunque lo so, non è che il mondo necessiti urgentemente di fonoteche e musicologi, ma, voglio dire, conosco un ragazzo che vive studiando insetti e credo che la sua utilità per il progresso del genere umano sia pari alla mia quando estraggo un disco in vinile e ne trascrivo i dati su un catalogo che, probabilmente, mai nessuno consulterà…

Tuttavia recentemente ho scoperto che esiste un altro lavoro per cui è addirittura indispensabile la mia laurea. Con la recente istituzione dei licei musicali servono infatti insegnanti di Storia della Musica.
Ho fatto la domanda, sono entrata in graduatoria. Terza per la precisione. Il primo ha rifiutato, i secondo no. Cosa avevano i primi due più di me? Libri.
Un amico e collega mi ha detto che per acquisire punteggio in queste graduatorie servono pubblicazioni di libri ad argomento musicale. Io all’attivo non ho altro che un libro sui Queen pubblicato quando avevo 23 anni (e che, erroneamente, pensavo mi avesse fatta diventare una nuova scoperta del mondo editoriale). Stop. Se essere fan di Freddie Mercury mi avesse davvero aiutata nel mondo del lavoro più della laurea, avrebbe avuto un che di paradossale, il che trattandosi di me non mi avrebbe affatto stupito.

Quando l’ho comunicato a mia mamma, lei ha sentenziato “Beh, che problema c’è? Scrivi un libro!”. L’ha detto così, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Intendiamoci, io amo scrivere e adoro i libri, ma trovare l’ispirazione non è cosa da poco. Poi per me il difficile è farsi venire un’idea seria, ho solo in mente romanzi surreali o saggi psico-filosofici, completamente inutili allo scopo. Cercate di capirmi però, mi ci vedreste a scrivere un tomo sul leit-motiv wagneriano o qualcosa dal titolo antisonante tipo “L’iconografia musicale nei dipinti trecenteschi dell’alta Baviera”?. Mhm.

Però, oggi mi sono concessa una passeggiata di un’ora nella neve per raggiungere un negozio di libri usati (il che, a mio avviso, in termini di dipendenza è l’equivalente letterario del fumatore che esce alle 3 di notte per comprare le sigarette) e ciò deve avermi giovato perché ho partorito non una, ma ben due idee che potrebbero avere un senso.

Che io diventi la Sophie Kinsella della saggistica musicale?