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venerdì 24 dicembre 2010

Auguri!!



Siamo alle ultime ore del delirio natalizio...
Da neo sposina non ho potuto resistere alla tentazione di organizzare il pranzo di Natale da noi, nella nuova casa.

Naturalmente alla domanda di mamma e suocera "Vuoi una mano?" ho prontamente risposto "No!". Risposta di cui mi sono immediatamente pentita...
Da tre giorni sono ai limiti del ricovero in psichiatria, tra ravioli e robe varie...
(Scrivere pertanto sulla lavagnetta pro memoria "Se per il pranzo di Natale qualcuno, chiunque esso sia, ti offre il suo aiuto, rispondere sempre e comunque sì!!").

Ma è tutto sotto controllo, più o meno...

Però è una soddisfazione ammirare la casetta tutta addobbata!

Bene, ora torno ai preparativi...
Auguroni a tutti!!!!!!

mercoledì 22 dicembre 2010

Sanremo è Sanremo!


Oggi ho ricevuto "La chiamata". Non quella dall' Altissimo, come ci si potrebbe aspettare, essendo in clima natalizio, ma la chiamata che aspettavo da circa, mhmm vediamo...10 mesi?
Già perchè da 2 anni a questa parte, a dicembre inizia il "toto-Sanremo", che se per tutta Italia riguarda chi saranno i concorrenti, gli ospiti ecc, per me riguarda la mia presenza o meno nell' orchestra.
Ebbene sì, ogni artista, o presunto tale, ha fin da bambino un sogno nel cassetto, spesso inconfessabile, che spera in cuor suo di poter realizzare. Il mio sogno era quello di suonare nell'orchestra del Festival di Sanremo almeno una volta nella vita e ce l'ho fatta, per ben due anni consecutivi. Ma da un anno all'altro non vi è nessuna certezza che il miracolo si riproponga, per cui circa a metà novembre ci si inizia a chiedere "Ci sarò? Non ci sarò?", con scambio di sms fra colleghe altrettanto ansiose...

Ebbene, per Sanremo 2011 sarò ancora in orchestra. Sarà il mio terzo Festival.

Lo so, lo so, ormai Sanremo è trito e ritrito, le puntate sono infinite, i cantanti sono sempre gli stessi...ma che ci posso fare? Da bambina andavo ad aspettare i vip fuori dall' Ariston, come potrei lasciarmi sfuggire l'occasione di vedere la folla dei fans dall'altra parte del vetro?

Ora, il Festival di Sanremo è certamente un'esperienza bellissima, ma presenta alcuni aspetti che getterebbero nel panico la più sicura delle professioniste della musica. Aspetti che nulla hanno a che vedere con le canzoni.
Soprattutto per le donne, Sanremo è la prova del nove dell'autostima. La concorrenza è spietata e, tra vallette, cantanti, ospiti, la tentazione di fuggire è forte e bisogna fare appello a tutti i complimenti che avete ricevuto negli ultimi 10 anni di vita per sopravvivere.

Dunque, intanto bisogna precisare che per gli orchestrali l'avventura sanremese inizia un mese prima, con le prove a Roma. Poi ci si sposta a Sanremo per altre 3 settimane. Essere ogni singolo giorno non solo "presentabile" ma "telegenica" è praticamente impossibile, anche perchè la giornata inizia al mattino per terminare a sera inoltrata e dopo 10 ore di prove neanche Britney Spears sarebbe tanto diversa da noi!
Le cantanti o le ospiti si presentano belle riposate alle prove, con look sgargianti ed alternativi, cantano e se ne vanno lasciando dietro di sè un alone di mistero e fascino. Noi già dopo mezza giornata di prove l'unico alone che lasciamo è quello del sudore sulla maglietta...

Per quel che mi riguarda, il primo problema è dato dal fatto che la convocazione arriva sotto Natale o, ancora peggio, a feste appena trascorse, quando il mio fisico è un misto di brufoli da panettone e kili di troppo, impossibili da eliminare prima del fatidico primo giorno di prove. Di solito ci si riduce a goffi tentativi di dieta l'ultima settimana prima dell'inizio delle prove, tentativo che spesso si rivela fallimentare... Di solito si cerca di rimediare con un taglio di capelli alla moda e supersexy, o almeno tale lo si crede...

Al di là di ciò, inutile dire che il Festival è un'esperienza unica. Conoscere le canzoni un mese prima e già provare ad immaginare chi vincerà dà un senso di onnipotenza inspiegabile. Su di noi vige il divieto tassativo di canticchiare le canzoni in giro o parlarne per telefono, manco fossimo depositari del quarto segreto di Fatima!
Il Festival ti fa vivere per un mese nello scintillante mondo delle star, di vedere cosa accade dietro le quinte dell'evento italiano dell'anno. Entrare all'Ariston e vedere in anteprima la scenografia è davvero bello ed emozionante e vedere nascere il Festival a poco a poco ti fa affezionare a tutti, presentatori, cantanti, tecnici...oltre, naturalmente, ai colleghi con cui si condividono gioie e dolori per un mese, 24 ore su 24!

E poi...le 5 serate... Ricorderò sempre l'emozione della prima volta che ho sentito partire la sigla dell'Eurovisione, poi la scritta sul monitor "In diretta dal Teatro Ariston di Sanremo" e poi...noi! Cavolo, siamo in tv!

E' un tour de force, gli orari sono impossibili e la tesione che si respira è palpabile...eppure c'è qualcosa di magico in tutto, anche nella città dei fiori che si trasforma in capitale d'Italia per soli 5 giorni, tutta addobbata e piena di gente...

Quando l'esperienza finisce e si torna a casa, il senso di vuoto è enorme, ci vogliono almeno due settimane per riprendersi e tornare alla vita "normale"...
E comincia già a sperare che l'anno dopo si venga richiamati...
Quest'anno è successo, aspettatevi quindi post "festivalieri" nei prossimi mesi!

ps: considerando che quest'anno le vallette saranno Belen ed Elisabetta Canalis, direi che sarà meglio stare alla larga dai panettoni fin da subito, sigh...

lunedì 20 dicembre 2010

Tuuu neve scendi ancooor...


Ieri è nevicato. Tanto. Ed io ed il mio neo maritino ce ne siamo stati nella nostra nuova casa a guardare grossi fiocchi di neve scendere dal cielo, al caldo, addobbando l'albero di Natale e intonando canti natalizi (beh, ora non esageriamo...)

Diciamo che la cosa più bella in queste situazioni è sapere di poter rimanere a casa, senza concerti, senza impegni, senza dover macinare chilometri in macchina e dover sostituire Isoradio ai miei adorati Queen, nella speranza che le previsioni non preannuncino l'Apocalisse imminente.

In questi momenti mi viene in mente un "viaggio della speranza" affrontato da me (alla guida) e due amiche-colleghe, F. e A. l'anno scorso.

Era una giornata apparentemente tranquilla, partenza nel pomeriggio alla volta di Ivrea, prova fino alle 23 e ritorno a casa. Semplice no?
Simone, con la sua irritante lungimiranza, mi chiede: "Hai le catene a bordo, vero?". Io, sbuffando, gli rispondo di sì, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Anche un po' offesa, se vogliamo.
Viaggio di andata senza problemi, anche se il cielo non promette niente di buono...
Circa a metà della prova, inizio a ricevere telefonate e messaggi in cui i parenti avvisano con preoccupazione che le previsioni preannunciano la nevicata del secolo.
Durante una pausa controlliamo su internet le previsioni: niente neve sulla Liguria.
"Esagerati", pensiamo. E torniamo a provare. Se solo avessimo spostato sullo schermo gli occhi di qualche centimetro avremmo visto il gigantesco fiocco di neve che copriva tutto il Piemonte!

Infatti, una volta partiti, alle 23, già prima di Alessandria iniziamo a vedere i primi fiocchi, che si tramutano a poco a poco in bufera. Ops.
Non una macchina spargisale, non una macchina in assoluto, neanche qualche camion che ci lasci dei "binari" nella neve. Solo tre donzelle sotto la neve.
Impossibile superare la velocità di 18/20 K/h senza che la macchina sbandi paurosamente.
Ed è lì che mi rendo conto che avere le catene è pressochè inutile se non le sai montare. Fermarsi ad un distributore per tentare l'impresa è da escludersi, tre ragazze sole di notte hanno un'altissima probabilità che l'unica macchina che si fermi sia quella di un pazzo-maniaco-psicopatico. Inoltre perdere tempo per le catene potrebbe portarci via minuti preziosi, visto che la neve aumenta ogni istante di più.
Naturalmente imperversano le telefonate dei genitori: "No mamma, non c'è neve, tranquilla!". Ecco quando si dice mentire a fin di bene.
Con Simone, tuttavia, non riesco a mentire: "Beh, in effetti un po' di neve c'è, ma niente di che" che nel corso del viaggio si tramuta in "Siamo sommerse dalla neve! Non vediamo nulla e la macchina sbanda. Se non tornassi sappi che ti ho amato...".

La cosa più bella è che, forse in preda alla follia, il nostro stato d'animo oscilla tra l'immotivata euforia accompagnata a crisi di ridarella isterica e la schizofrenia che ci porta a cantare a squarciagola "Tuuuu neve scendi ancooor lentaaa...". Il tutto mentre rischiamo la vita in un punto indefinito della Gravellona-Toce.

Il nostro incubo termina a Genova Voltri, dove la neve lascia il posto alla pioggia, forte, che in quel momento mi sembra un paradiso!
Internet l'aveva detto: sulla Liguria niente neve.

Ora di arrivo: 3 circa.
Il giorno dopo siamo tornate ad Ivrea per il concerto.
Ci siamo fermate lì a dormire.

giovedì 2 dicembre 2010

Non è mai troppo tardi?


Dopo 17 anni in cui si studia uno strumento, ci si sente quasi in dovere di esplorare altri territori, forti dell'esperienza acquisita e desiderosi di scoprirsi naturalmente portati anche a suonare altro.
Non si è più dei novellini della materia, per cui si pensa che, non avendo il problema della lettura della musica e del solfeggio, la strada sarà in discesa e imparare a suonare un nuovo strumento sarà un gioco da ragazzi.
Errore.
Sono reduce dalla mia terza lezione di batteria e la mia autostima è miseramente crollata a picco già a metà della seconda.
Le prime volte in cui ti siedi di fronte ad una batteria la sensazione di smarrimento è travolgente e non puoi fare a meno di chiederti "Che me ne faccio di tutta 'sta roba?". Per suonare un violoncello servono:
1) Un violoncello
2) Un arco
ed ognuno di questi due elementi ha un ruolo chiaro e specifico (a nessuno, credo, verrebbe in mente di tenere l'arco fermo e muovere il violoncello)
Una batteria, nella migliore delle ipotesi, consta di:

1) Rullante
2) Charleston
3) Tom1
4) Tom2
5) Timpano
6) Crash
7) Ride
8) Cassa

E questo è solo un set "base". Ti viene da chiederti come possa una sola persona normodotata suonare tutte queste cose.
Già la nomenclatura non ci viene in aiuto, nonostante i due Tom, specie se considerati ravvicinati, possano dare l'illusione di poterci orientare meglio...
Per non parlare della terminologia tecnica. Sfido chiunque a sentirsi chiedere di fare "un fill sul ride" o "un lancio sui tom" senza avere un punto interrogativo tatuato sulla faccia!
Dunque, intanto non è da sottovalutare il fatto che in uno strumento del genere bisogna utilizzare tutti e 4 gli arti, contemporaneamente, i quali fanno cose completamente differenti e, se possibile, in netto contrasto con gli altri.
Il che già costringe il mio unico neurone ad uno sdoppiamento di personalità non indifferente. Finchè si tratta degli arti superiori, tuttavia, non ci si discosta troppo da uno strumento ad arco. Il vero dramma è quando entrano in gioco gli arti inferiori. Avete mai pensato al fatto che le nostre gambe, e soprattutto i nostri piedi, nell'arco di una vita compiono sempre pochi, semplici movimenti? Provate a suonare con il piede sinistro il charleston per un minuto di fila e vi sembrerà impossibile che quel componente del vostro corpo che avete attaccato alla caviglia sia lo stesso che usate per camminare ogni giorno. A ricordarvelo sarà solo il dolore lancinante al muscolo anteriore del polpaccio, di cui ignoro il nome e di cui, prima di avere velleità di batterista, ignoravo pure l'esistenza.
Una volta superato il problema dei dolori sparsi un po' ovunque, il vero dramma è costituito dalla coordinazione. Quando l'insegnate ti spiega cosa devi fare sembra tutto semplicissimo, quando poi tocca a te è l'anarchia più totale. Un po' come alle prime lezioni di guida quando non sei in grado di fare le partenze in salita e pensare contemporaneamente a mollare il freno, mollare piano la frizione ed accelerare. E si spegne la macchina. Solo che lì non hai l'assillo del metronomo che ti rimbomba nelle orecchie.
E poi perchè anche la batteria non ha i doppi comandi??
Per la prima volta da anni ho capito come si sentono i miei alunni quando gli si dice la più grande bugia che da generazioni viene raccontata agli studenti di musica: "Se non ci pensi viene da solo". Ma quando mai??
Appurato il mio senso di inadeguatezza, veniamo alla lettura. Almeno qui, penso, non ho rivali, dopo tutti questi anni di Conservatorio, tzè...
L'insegnante però mi mette davanti una pagina in cui, sì, c'è un pentagramma, ma usato in maniera del tutto impropria. Sulle tanto familiari 5 righe musicali si annidano simboli simili a note, ma che note non sono, non essendoci indicazioni di chiave e tonalità, misti a segni incomprensibili quali crocette, quadratini, pallini...
Per un attimo penso sia uno scherzo, poi però mi viene spiegato come decifrare il geroglifico:

-Le note scritte in basso sono la cassa
-Le note a metà sono il rullante
-Le crocette sono il charleston
-I quadratini indicano che devo colpire con la mano destra
-I pallini indicano la mano sinistra

Faccio quindi mente locale e mi accingo alla lettura.
Pensare a tutte queste cose contemporaneamente fa crollare in 2 minuti anche ogni certezza ritmica inducendomi in errori di solfeggio degni della prima settimana al Conservatorio. Roba da sotterrarsi istantaneamente.
L'insegnante decide così di darmi un po' di soddisfazione, facendomi suonare il classico tu-cha-tu-tu-cha su The reason degli Hoobastank, esperienza magica che mi ha risollevato non poco il morale...a meno fino a quando non ho sentito nell'aula accanto un ragazzino di neanche 10 anni suonare Cryin' degli Aerosmith facendo cose incredibili, dai nomi certamente impronunciabili...

mercoledì 24 novembre 2010

Ciao Freddie!


Stamattina, come ogni anno in questa data, mi sono svegliata pensando ad una persona per me, e molti altri, davvero speciale.
Freddie Mercury, leader unico ed insostituibile dei Queen, ci ha lasciato 19 anni fa.
Ancora oggi viene considerato uno dei personaggi più rappresentativi della storia del rock e, a mio avviso, la voce più bella di sempre.
Le sue canzoni, il suo carisma sul palco e la sua stravaganza resteranno sempre nei cuori dei suoi fans, che ancora oggi lo amano come se non fosse mai sceso dal palco.
Voglio dedicare a lui un pensiero, in questo giorno in cui, un po' più che negli altri, sentiamo la sua mancanza.

I still love you, Freddie!

martedì 23 novembre 2010

Musica e fiori d'arancio!


Lo scorso 4 settembre io e Simone ci siamo sposati.
Naturalmente c'era grande aspettativa per le musiche da parte degli invitati e naturalmente sono stata io stessa a sceglierle (è stato l'unico caso in cui il mio lui ha detto "Decidi tu" e poi l'ha rispettato!).
Quando si sposa un/una musicista si genera attorno alle musiche un alone di mistero superiore a quello del vestito della sposa. E la tensione sale...
Inutile dire che è stato tutto meraviglioso, nonostante il repertorio non fosse propriamente classico: Queen, John Lennon, Morricone, Piovani... E le mie amiche musiciste sono state commoventi e fantastiche. Nelle loro esecuzioni ho rivisto ogni singolo momento trascorso con loro, i viaggi, le trasferte, le risate... Da quando eravamo piccole fino ai matrimoni di ognuna di noi...
Ma, sentimentalismi a parte, se dovessi dire che fossi proprio tranquilla circa la buona riuscita di tutto, mentirei. Non perchè io nutrissi dei dubbi circa le capacità delle mie fidate amiche, ma perchè so, per esperienza, che mai come ai matrimoni succedono le cose più impensate.
Dalla mia lunga esperienza di "wedding musician" ho imparato che è proprio in situazioni lavorative "facili" che si annidano le peggiori insidie.
Soprattutto perchè ai matrimoni nulla è mai perfettamente pianificato e spesso gli sposi, il prete o i parenti turbano, senza volerlo, un equilibrio già di per sè precario. Ed i musicisti, consapevoli di avere l'enorme responsabilità di accompagnare i due innamorati nel giorno più bello della loro vita, sono facilmente preda di ansie da prestazione.

Ecco quindi alcuni consigli per gli sposi:
Intanto bisogna partire dal presupposto che a meno che i musicisti in questione non siano dei credenti praticanti, da un matrimonio all'altro tendono a dimenticare l'ordine esatto dei vari momenti della liturgia. Si attengono pertanto scrupolosamente al libretto a loro fornito, si spera, prima della cerimonia. Qualsiasi variazione genera fra i musicisti il panico puro. Perciò consiglio agli sposi di comunicare in anticipo qualsiasi cosa si distacchi dalla liturgia canonica, se non vogliono ritrovarsi con la Marcia Nuziale al momento della comunione!
Altro problema, il ritardo della sposa. Sarà pure romantico, ma, sposine, tenete conto che spesso un musicista inserisce un matrimonio a Genova in mezzo ad una prova a La Spezia ed un concerto a Busto Arsizio. Perciò non esagerate col ritardo!
Ricordo, a questo proposito, un tragico matrimonio in cui la sposa arrivò con un'ora e mezza di ritardo perchè aveva dimenticato il bouquet nel frigo! Una ragazza del nostro quartetto aveva un concerto fuori Genova dopo e se ne andò...caso ha voluto che anche altre due di noi fossero in macchina con lei, perciò la cerimonia finì con un solo violino ad eseguire la Marcia Nuziale!
Stesso valga per i preti prolissi, stile Verdone in "Viaggi di nozze". Ma in questo caso c'è ben poco da fare.
Importantissimo: non dimenticate di comunicare se l'abito della sposa non è bianco!!
A me è capitato di non riconoscerla e non suonare la Marcia Nuziale all'entrata!

Infine, un altro momento che può creare problemi è l'uscita, in quanto l'avanzare degli sposi verso la porta della chiesa è interrotto dal fotografo, che più o meno ogni due passi, chiede loro di fermarsi e guardarsi con aria languida in maniera più o meno spontanea, per immortalare il solenne momento. Il tutto senza tenere conto del fatto che i poveri musicisti non stanno suonando una sinfonia di Mahler, ma una marcia nuziale che durerà sì e no 2 minuti! Il che fa sì che si rendano necessarie delle ripetizioni, oltre ai ritornelli già previsti dal compositore. Talvolta, però, la disperazione dei musici dà origine a tragici fraintendimenti, laddove il primo violino, che di solito "comanda", decida di fare dei ritornelli del tutto imprevisti ed imprevedibili, lasciando gli altri attoniti a cercare invano di seguirlo, mentre lui/lei si ritrova a cantare (letteralmente) le altre parti!

Coppie miste: Istruzioni per l'uso!


La prima domanda che un fidanzato di una musicista si sente fare quando lei lo presenta ad amici e colleghi è: "Suoni anche tu?". O, più, spesso, "Che strumento suoni?", in tal caso dando già per scontato che i musicisti si accoppino sempre fra simili.
Invece esistono sparute minoranze di "coppie miste", formate cioè da un/una musicista e da un "babbano", per dirla alla Harry Potter, ossia un profano del mondo musicale.
Queste coppie, a mio avviso, o si separano entro breve tempo, oppure sono destinate a durare per sempre. Come le tartarughe: o muoiono nei primi anni di vita, o te le porti appresso fino alla morte (la tua, ovviamente).
L'integrazione fra due modelli antropologicamente diversi come i musicisti e i non musicisti può essere estremamente difficoltosa, un po' per i pregiudizi che entrambe le parti nutrono nei confronti dell'altro, così diverso da sè, e un po' per le oggettive differenze fra due modi di vivere e di lavorare che stanno letteralmente agli antipodi.
Mi spiego. Un impiegato statale, o di un'azienda privata, ha un orario più o meno fisso, ferie, stipendio, week end liberi e malattia. In altre parole: DIRITTI.
Un musicista libero professionista (ovviamente per i dipendenti delle orchestre pubbliche la situazione è diversa) non sa al mattino cosa farà alla sera! Ma non sto scherzando! A me è capitato più volte di essere chiamata al pomeriggio per un concerto della sera stessa a un centinaio di kilometri di distanza.
Una volta, persino, stavo per partire per le vacanze invernali quando suonò il telefono:

-Pronto?
-Parlo con la Prof.ssa S.?
-Sì
-Ci sarebbero da registrare delle musiche di scena per il Teatro Stabile
-Che bello! Quando?
-Adesso, siamo già in studio. Il violoncellista si è ammalato e ci ha lasciato all'ultimo momento.
-...

La cosa che più mi ha sconvolto è che una volta comunicato il piccolo cambio di programma al mio fidanzato, che per inciso stava già caricando le valigie in macchina, lui non ha dato il minimo cenno di stupore! E' stato in quel momento che:

1)Ho capito che era l'uomo della mia vita
2)Mi son chiesta che razza di vita gli faccio fare, se neanche una cosa del genere lo stupisce più ormai!

Ma certi risultati si ottengono solo con grandi sacrifici. Bisogna lavorarci su, se non si vuole far fuggire tutti gli spasimanti.

Dunque, sei un ragazzo e ti sei innamorato di una musicista? Ecco poche, semplici regole:

1) Non programmare mai le vacanze con ampio anticipo. 99 su 100 le dovrai rimandare o disdire perchè alla tua lei sarà capitata l'occasione della vita (o più probabilmente l'unica occasione da mesi, per cui non può rinunciare)
2) Non chiederle mai "cosa fai oggi?". Primo perchè suonerebbe come una presa in giro e secondo perchè con ogni probabilità non lo sa neanche lei!
3) Tieni un'agenda su cui annoti tutti i suoi impegni. Far finta di ricordarsi i suoi spostamenti la farà sentire importante.
4) Non stupirti. Mai. Di niente. Con una musicista tutto è possibile.

I risultati? Io e il mio fidanzato ci siamo sposati 2 mesi fa.

ps: ovviamente durante i giorni del viaggio di nozze mi avrebbero chiamato per un importante concerto, ma mi son vista costretta a rinunciare...ma solo perchè l'aereo atterrava a Milano, sennò ce l'avrei anche fatta...

martedì 6 aprile 2010

I concerti all'aperto...Si salvi chi può!

Cosa c’è di più bello di un concerto a diretto contatto con la natura? Due ore di musica in completo relax, mollemente abbandonati su comode sedie poste in riva ad un lago, o in una piazzetta d’epoca o in un parco?

Apparentemente niente. Ma lo spettatore non sa che questo genere di concerti siano il peggio che possa capitare ad un musicista, un agglomerato di contro capaci di sotterrare tutti i pro di cui gode lo spettatore.
E’ in queste occasioni che il concerto si trasforma per il musicista in un safari, in cui combattere con zanzare ed insetti di ogni tipo che si annidano sul corpo, sullo strumento e sullo spartito impedendoti di leggere correttamente le note, il che dà spesso origine a dissonanze al limite dell’avanguardia musicale più spinta.
Per non parlare del vento, vero nemico dei concerti all’aperto, a causa del quale tenere ferme le pagine dello spartito diventa utopia. Giuro di aver visto con i miei occhi un violinista di un quartetto perdere lo spartito dal leggio e continuare a suonare inseguendolo con gli occhi per terra…
Il vento diventa spesso motivo di gags ed ilarità, come durante un concerto di musiche da film in cui una violenta folata causò uno smottamento di custodie di strumenti alle nostre spalle con inevitabile fracasso generale. Stavamo suonando “Via col Vento”. Non sto scherzando.

Per superare le avversità in queste circostanze bisogna munirsi di “Kit del marchettaro”: Autan in grandi quantità, mollette per stendere per tenere fermo lo spartito, coprispalle pesante in caso di gelo, pinze, forcine e simili perché i capelli non svolazzino e, soprattutto, lo strumento peggiore che riuscite a trovare, di quelli che vendono da Ricordi a 49, 90 Euro.

Talvolta sono gli organizzatori del concerto a cercare di correrci in soccorso facendoci trovare già le mollette sui leggii o disseminando candele alla citronella sul palco, che più che a un concerto di musica classica sembra di stare all’MTV Unplugged dei Nirvana.
Sono comunque casi più unici che rari.

Vita da musicista: miti da sfatare!


La vita del musicista è molto diversa da come possa apparire nell’immaginario collettivo. Se si pensa alla vita degli artisti li si immagina perduti nel proprio mondo dei sogni, circondati da colleghi estrosi, pieni di incontenibile voglia di esprimere le proprie emozioni al mondo esterno. Le giornate scandite da concerti, spettacoli, cene post-concerto in posti esotici e raffinati…Un vita da bohemien, ma con una giusta retribuzione, non eccessiva, ma, in fondo, si pensa che al musicista basti suonare per essere appagato.
Niente di più sbagliato.
Non c’è categoria più calcolatrice e polemica dei musicisti. Non sono disposti a sgarrare neanche di un minuto sull’orario stabilito per le prove e il cachet è l’unica cosa alla quale siano davvero interessati. Meglio 10 serate ben retribuite a suonare mazurke alla “Sagra della porchetta” che un concerto al Metropolitan gratis, per intenderci. E così i concerti vengono spesso identificati con la cifra pattuita, dando vita a conversazioni ai limiti del surreale, tipo “C’eri lo scorso mese al concerto da 75 Euro?” “No, ma mi hanno chiamato per quello da 100 nella stessa orchestra dove suonammo l’anno scorso a 80”. E incredibilmente tutti sanno di che concerti si stia parlando!
Va anche detto, però, che, fatta eccezione per quei pochi fortunati che appartengono ad orchestre stabili, di solito l’attività principale dei musicisti è costituita dalle cosiddette “marchette”, concerti di scarso valore artistico che hanno il solo scopo di far guadagnare qualche soldo (pochi in verità). In questi casi spesso musicisti vengono sottoposti a estenuanti maratone, viaggi in scomodissimi pullman con rientri a casa ad orari improponibili, trasferte dall’altra parte del globo andata e ritorno in giornata…Il tutto per cifre irrisorie, roba che in una settimana da portapizze si guadagna molto di più che in un mese di concerti in location prestigiose.
Il tutto con grande soddisfazione dei genitori, che di fronte ai successi dei figli sono disposti a chiudere un occhio sulla possibilità di doverli mantenere a vita. Spesso infatti le spese sostenute per recarsi alle prove o sui luoghi del concerto sono molto più alte della cifra guadagnata, come ebbe a dire mio padre che, di fronte all’ennesimo prestito per le spese di vitto e alloggio in occasione di un mio importante concerto con un’importante orchestra, sentenziò “Da quando lavori ci costi un sacco! Era meglio quando eri disoccupata!”.

Un altro mito da sfatare è quello delle cene. Ormai sono sempre più rare le occasioni in cui in occasioni di concerti ti viene offerto anche un lauto pasto, o perlomeno un panino.
Di solito la tipologia di pasto si suddivide in:

-Scarno buffet pre concerto con salatini, focaccia e simili…Che manca solo il tuo nome scritto sul bicchiere di plastica, il gioco della bottiglia ed il Giocajouer per farti tornare con la mente alla festa delle medie, solo che lì avevi almeno la speranza di beccare…

-Cestino preparato dall’organizzazione e fornito ai musicisti con lanci da un pulmino preposto, tipo la distribuzione dei viveri dei caschi blu, solo che di solito nel terzo mondo sono più dignitosi rispetto ai musicisti affamati. Le scene sono pertanto pietose, senza contare che spesso non sai dove appoggiarti per mangiare, per cui si vedono dei disperati accampati in mezzo alla strada, sul marciapiede, per terra, mentre tentano invano di divorare un panino vecchio di due giorni farcito con formaggio stantio.

-Ricco buffet dopo il concerto. Se questa potrebbe sembrare la soluzione migliore, si rivela spesso un tranello in quanto di solito è aperto anche al pubblico, il quale, nel tempo in cui il musicista è uscito di scena, si è cambiato ed ha raggiunto la sala del buffet, si è già spazzolato tutto in men che non si dica. C’è poi da considerare il “fattore vecchietta”. Più le avventrici sono anziane e impellicciate e più mangiano! E di solito mal volentieri abbandonano la postazione che si sono guadagnate per cui per raggiungere il buffet devi cercare o di eliminarle fisicamente oppure di esibirti in contorcimenti al limite dell’impossibile. Tutti elementi che ti fanno passare la fame ancora prima di aver visto cosa ci sia sulla tavola. Di solito per desistere mi basta guardare l’immancabile forma di Grana in cui chiunque affonda le mani, cosa che mi provoca una nausea istantanea, sufficiente a farmi abbandonare l’idea di cenare senza tanti rimorsi.

Gli esordi

Avrei dovuto capirlo. Il giorno del mio esame di quinta elementare avrei dovuto capire a cosa stessi andando incontro. Intendo dire che avrei dovuto cogliere il segnale che nella vita sarei stata prescelta per fare mille cose, se possibile contemporaneamente, dal fatto che dovetti chiedere al commissario di poter essere esaminata per prima, in quanto quella stessa mattina avrei dovuto sostenere l’esame di ammissione al Conservatorio “N. Paganini” di Genova. Sarebbe stata la prima di una lunga serie di volte in cui sarei passata avanti ad altri per poi correre altrove…
L’idea di iscrivermi al Conservatorio mi era venuta poco prima che scadesse il termine per la presentazione della domanda. I miei dubbi erano infatti dovuti al fatto che avesse fatto domanda anche S., un mio compagno di classe a mio avviso “troppo educato”. Da ciò avevo dedotto che al Conservatorio fossero tutti “troppo educati” per i miei gusti e la cosa rendeva quella scuola poco appetibile ai miei occhi. Non mi sentivo all'altezza. (Circa l’educazione dei musicisti avrei avuto modo di ricredermi ampiamente negli anni seguenti).
Feci l’esame di ammissione per pianoforte. Non lo passai. S. sì. Ricordo soltanto che la mamma mi aveva vestita da brava bambina, con un orribile vestitino blu che io odiavo, le ballerine dorate ed una valigetta con dentro gli spartiti. Naturalmente poco prima del mio turno il manico della valigetta si ruppe ed io fui costretta ad entrare nel salone del Conservatorio, con tutta la commissione schierata, con la valigetta sotto il braccio, ostentando noncuranza e cercando di nascondere l’imbarazzo. Anche da lì avrei dovuto capire molte cose…
Comunque, venni ammessa alla classe di violoncello. Una volta entrata, pensavo, sarebbe stato più facile cambiare strumento e passare nella classe di pianoforte. Inutile dire che suono violoncello da ormai 17 anni e non tocco il pianoforte da circa altrettanti…Talvolta il destino, per fortuna, ha l’occhio più lungo del nostro…
Il mio approccio con quella scuola fu piuttosto strano. Intanto la scuola media annessa al Conservatorio si trovava all’interno di un palazzo in cui c’erano normali appartamenti di normali inquilini, puntualmente disturbati dagli studenti più indisciplinati che non perdevano occasione per suonare i campanelli, bussare e inciamparsi negli zerbini con relativi ruzzoloni giù per le scale. E poi anche le aule erano sistemate dentro piccoli appartamenti, perciò ogni volta che bisognava spostarsi in un’altra classe avveniva una sorta di transumanza con sedie in testa e si poteva assistere ad una fiumana di bambini che vagavano senza meta su e giù per le scale (per la gioia dei sopraccitati inquilini).
Non avendo né normali corridoi né spazi aperti, l’intervallo si svolgeva in questo modo: una bidella di nome Antonina, di cui non ricordo l’esatta provenienza geografica ma che, dato l’accento, tenderei ad escludere fosse di Bolzano, si spenzolava giù per la scala del palazzo con un campanaccio in mano annunciando l’inizio della ricreazione. Dopodiché uno alla volta andavamo in bagno, per poi tornare in classe. Basta. Non era un momento particolarmente esaltante della mattinata, fatta eccezione per sporadici episodi, come quella volta che un mio compagno di nome B. aveva ridotto in mille pezzi un lavandino (nessuno ha mai saputo come avesse fatto) o quando un altro aveva selvaggiamente picchiato una nostra compagna, probabilmente sfiancato dalla noia generata dalla nostra cosiddetta “ricreazione”.
Naturalmente quelli furono anche gli anni delle grandi amicizie e delle prime cotte. Ricordo che per un certo periodo della I media io e la mia amica E. ci eravamo innamorate di A., un ragazzo di terza, pianista, la cui classe era separata dalla nostra da una porta di legno. Poiché il nostro banco e il suo erano sistemati proprio in corrispondenza della porta, io e E. passavamo le mattinate a guardarlo attraverso il buco della serratura e scrivendo il suo nome sul diario. Finchè un giorno accostando l’occhio alla serratura vedemmo un altro occhio che ci guardava dall’altra parte! Lo spavento fu tale che smettemmo di spiarlo e fummo costrette a cercare le nostre prede all’interno della classe, compito arduo in quanto i nostri compagni erano per la maggior parte brutti, immaturi e maleducati (ovviamente S. escluso).
Quelli delle medie, comunque, furono gli anni migliori. La musica ci univa e la nostra vita scolastica era scandita da lezioni di strumento, prove d’orchestra e trasferte per fare i nostri primi concerti. Io naturalmente non mi accontentavo di ciò e, giusto per non stare con la mani in mano, andavo a lezione di tennis 3-4 volte a settimana, facendo anche tornei in giro per la Liguria e ponendo così solide basi per gli esaurimenti nervosi di cui sarei presto stata preda.
Al liceo le cose cambiarono radicalmente. La nostra classe si separò ed ognuno di noi si trovò all’improvviso circondato da persone “normali”, ossia quegli esseri viventi antropomorfi che vanno a scuola la mattina, studiano il pomeriggio e, inaudito, dormono la sera. Noi invece andavamo a scuola la mattina, facevamo lezione in Conservatorio al pomeriggio e studiavamo la sera…per poi dormire la mattina dopo in classe. Naturalmente fatta eccezione per chi, come la sottoscritta, dopo la scuola, aveva la brillante idea di andare a fare lezione di tennis, per poi andare direttamente in Conservatorio, dandosi appuntamento lungo la strada con il genitore di turno, per lo scambio racchetta/violoncello. Ma non escluderei di aver dimenticato qualche volta questo fondamentale passaggio e di essermi più volte ritrovata con l’attrezzatura sbagliata al momento sbagliato.
L’unico momento in cui mi sentivo come tutti gli altri era il sabato pomeriggio, quando, riposti libri di greco, racchette e violoncelli, potevo uscire con le amiche a guardare le vetrine e a parlare di ragazzi…
Naturalmente finchè, arrivato un nuovo insegnante di violoncello, non mi spostarono il giorno di lezione al sabato pomeriggio. Da quel momento in poi la mia vita prese una piega surreale e, a tratti, tragica.

Si comincia!

Ok ok... non ho la più pallida idea di come di faccia un blog!
Ho pensato però che l'unico modo per dare voce a tutti i musicisti disperati in giro fosse quello di lanciare un messaggio nell'etere sperando che venisse raccolto...

Perdonatemi dunque se la costruzione di questo spazio sarà lunga!

In queste pagine scriverò esperienze ed aneddoti circa la mia vita, a tratti inverosimile, di musicista... Nella speranza che anche voi, musicisti disperati, possiate contribuire con le vostre storie...Perchè a volte la realtà supera la fantasia!